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05/08/2014

Epatite C e dipendenza da eroina, al via nuovi trattamenti

Alla ventesima conferenza internazionale sull'AIDS di Melbourne (Australia) è stato presentato un nuovo studio sui risultati positivi ottenuti attraverso un regime farmacologico in grado di curare l'epatite C in pazienti eroinomani. L'infezione è trasmessa attraverso la condivisione di siringhe, e una ridotta percentuale di pazienti viene curata sulla base di presunti problemi di tollerabilità, aderenza ed efficacia del trattamento.Tuttavia, nuovi studi hanno dimostrato che combinando due o più agenti antivirali ad azione diretta (DAAS) specifici per le diverse fasi dell'infezione, è possibile ottenere un tasso di guarigione del 90% per l'epatite C con genotipo 1. La sperimentazione in fase 2, ha coinvolto 38 persone in terapia sostitutiva (metadone o buprenorfina), di cui il 68% con epatite C sottotipo 1a e il restante 1b. La maggior parte dei partecipanti non soffriva di fibrosi al fegato, ma il 5% era ad uno stadio avanzato. Sono comunque stati esclusi i pazienti con cirrosi epatica, epatite B o HIV. Tutti i pazienti sono stati trattati con una terapia combinata con ribarivin per 12 settimane, e monitorati per verificare una risposta virologica sostenuta, ovvero la negatività dell'HCV-RNA a 24 settimane dalla conclusione del trattamento. La terapia si è rilevata efficace con un tasso pari al 97,4%, poiché solo su un paziente il trattamento non ha avuto esito positivo. Non si sono verificati casi di ricaduta post trattamento e nessun paziente ha necessitato di un aggiustamento dei dosaggi della terapia sostitutiva.L'aderenza dei pazienti al trattamento è stata alta dimostrando, secondo i ricercatori, che regimi terapeutici senza interferone sono conciliabili con la terapia sostitutiva.

(AIDS 2014)

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