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07/10/2016

Salute e migranti: le nuove sfide per la medicina

L’invecchiamento della popolazione e le migrazioni sono due fenomeni che interessano tutti i paesi europei e che sono alla base di cambiamenti demografici rilevanti, le cui ripercussioni già riguardano molti settori diversi. Le sfide che essi pongono sono al centro della XIX edizione dell’European Health Forum in corso a Gastein, il principale evento europeo in campo sanitario, dedicato quest’anno a «demografia e diversità in Europa. Nuove soluzioni per la salute». Il Forum è una tre giorni in cui oltre cinquecento esperti che lavorano nell'ambito della salute pubblica (politici, rappresentanti dell’accademia, delle aziende, dei pazienti, delle associazioni) discutono le sfide e le opportunità per il futuro della sanità dei paesi europei. I cambiamenti demografici cui assistiamo impongono una risposta rapida, adeguata e coordinata. Per prima cosa, andrebbe spostata l’attenzione dai concetti di malattia e di cura a quelli di salute e benessere. Promuovere la salute e prevenire le malattie avrà delle conseguenze positive anche sul benessere economico delle società, in termini di occupazione, giorni persi per malattia, produttività e innovazione, come ha spiegato nel corso della cerimonia di apertura Martin Seychell, vicedirettore generale della direzione generale per la Salute e la sicurezza alimentare della Commissione europea. Una corretta gestione della salute – e dei sistemi sanitari nazionali – può contribuire alla prosperità economica ed è quindi un fattore da non trascurare. Il 35% degli europei ha più di 65 anni. Le malattie non trasmissibili (quelle legate al fumo, al tabacco, all’alimentazione e alla sedentarietà) causano ogni anno 15 milioni di morti evitabili. Aumentare gli sforzi di prevenzione richiederà costi maggiori? Al contrario, si tratta di un investimento che consentirà risparmi futuri, assicura Seychell: «Per un anno di prevenzione spendiamo meno che per un giorno di assistenza sanitaria». Secondo i dati dell’Oms, il cui obiettivo è di ridurre di un terzo le morti per malattie non trasmissibili entro il 2030, il costo di queste malattie nei paesi a basso e medio reddito ammonterà a 7mila miliardi nei prossimi dieci anni; il costo di un intervento non supererebbe invece i 170 miliardi. In quest’ottica, la salute diventa un problema di tutti i settori, dall’educazione, ai trasporti, al lavoro e agli affari sociali, fino all’economia. L’approccio multisettoriale è necessario per agire efficacemente perché tutti questi fattori influiscono sulla salute. A ciascun decisore politico è richiesto di adottare delle strategie che tengano sempre in considerazione le ricadute sulla salute. E qui, nella centralità dell’economia nelle questioni di salute pubblica, sta il principale messaggio che arriva dal Forum di Gastein, che sposta la riflessione ben oltre i confini delle tematiche squisitamente sanitarie: «Va affrontato il problema delle disuguaglianze economiche e sociali tra cittadini perché hanno pesanti ricadute sul benessere e sulla salute. Allo stesso modo, le politiche di austerity, che guardano solo agli aspetti economici, hanno un impatto negativo sulla salute pubblica che bisognerebbe sempre tenere in considerazione e mitigare in qualche modo». Con queste parole Zsuzsanna Jakab, direttore dell’ufficio regionale europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità OMS, ha invitato a concentrarsi maggiormente sui cosiddetti determinanti della salute, in particolare quelli sociali ed economici. Previdenza sociale, occupazione e salute sono così strettamente interconnessi che ogni perturbazione di uno solo di questi tre elementi influisce sugli altri. «La salute e l’uguaglianza sono scelte politiche», ha affermato la Jakab: risolvere le disuguaglianze sociali è l’unico modo per «recuperare la fiducia dei cittadini delle nostre società» che si sentono minacciati dall’arrivo di popolazioni migranti. Per farlo servono scelte politiche di lungo termine, ma spesso la tendenza dei decisori politici è quella di prediligere decisioni dalle ricadute immediate. «Si tratta di questioni molto complesse, che hanno bisogno di forti leadership, unità e consenso. Hanno bisogno di trasparenza nelle discussioni e anche di una chiara comunicazione con il pubblico». Come ha mostrato l’esperienza austriaca, paese che negli ultimi mesi è stato territorio di transito di centinaia di migliaia di migranti: «Nonostante alcuni timori iniziali anche da parte degli operatori di prima linea, la diffusione dei dati della sorveglianza sanitaria hanno convinto gli austriaci che i migranti non costituiscono un pericolo per la salute dei cittadini ma solo per loro stessi» ha spiegato Pamela Rendi-Wagner direttore generale della salute pubblica austriaca. Per poter attuare politiche sociali e sanitarie di vasta portata e sperare vengano accettate dalla popolazione è tuttavia importante guadagnare la fiducia dei cittadini che invece sempre più spesso si sentono lasciati indietro. La Stampa NICLA PANCIERA

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