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24/02/2017

La strage silenziosa dei suicidi, 2° causa di morte per i giovani

Un volo di nove piani. Così è finita la vita di un diciannovenne. Oppure: un uomo si è tolto la vita impiccandosi nel bagno di casa. O ancora: una sessantenne con problemi mentali ha ingerito dei tranquillanti e si è lasciata morire. Sono migliaia le notizie che ogni anno raccontano di persone che hanno scelto di suicidarsi. D’altronde il suicidio è una delle possibilità umane. Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta. Spesso il suicidio viene associato a qualcosa di lontano, di estremo, che riguarda persone fortemente depresse o con problemi mentali. Niente di più sbagliato. Il suicidio colpisce in modo ‘democratico’ tutti i livelli della società; non ha età e nella maggior parte dei casi avviene tra le mura domestiche. Chi sceglie di suicidarsi spesso non è determinato a morire, ma è indeciso e nei giorni precedenti l’atto fa sapere agli altri come si sente. E’ per questo che lo psicoanalista James Hillman – che al suicidio ha dedicato uno dei suoi testi più noti – ha scritto: “Per l’analista il suicidio è un problema più complicato perfino della psicosi, della tentazione sessuale o della violenza fisica. E’ fondamentalmente insolubile perché non è un problema che riguarda la vita, ma la vita e la morte insieme. Se soltanto chi è vivo può morire, soltanto chi muore è veramente vivo. Dunque più che essere spiegato, il suicidio attende di essere compreso”. Le statistiche ci dicono che in Italia ogni anno sono circa 4 mila le persone che si tolgono la vita. A Roma ce ne sono circa duecento l’anno, ma i tentativi sono almeno dieci volte di più. La maggior parte sono uomini. Negli ultimi anni, infatti, a causa della crisi economica, c’è stato un aumento del 12 per cento di suicidi nella fascia d’età tra i 25 e i 69 anni. Ma in Italia il suicidio è la seconda causa di morte nella fascia d’età dai 15 ai 29 anni. E si registrano casi di ragazzini tra i 10 e i 14 anni. “Questi rappresentano qualcosa di terribile- spiega, in un’intervista con l’agenzia DIRE, il direttore del Servizio per la Prevenzione del Suicidio dell’ospedale Sant’Andrea di Roma, Maurizio Pompili– Dal 1970 al 2008 in quella fascia d’età si sono suicidati 354 bambini, ma la cifra in questi restanti nove anni è aumentata”. Mentre la mortalità si è ridotta in tutte le altre cause, dagli incidenti stradali alle malattie, nel suicidio non sono state messe in atto misure preventive, come il riconoscimento precoce dei soggetti a rischio o la formazione nelle scuole e nelle famiglie. “Il suicidio non è mai qualcosa di improvviso– chiarisce Pompili- ma è sempre preceduto da una serie di avvenimenti che possono essere indicativi. Anche i mass media hanno delle responsabilità, perché si interessano ai suicidi soltanto in funzione dell’audience, rischiando di raccontare la notizia in modo romanticizzato che può innescare l’effetto Werther, ossia fenomeni imitativi”. I metodi per suicidarsi sono diversi tra uomo e donna. I maschi sono piu’ cruenti e preferiscono l’impiccagione, il salto nel vuoto e le armi da fuoco; le donne scelgono l’avvelenamento, i tagli e l’annegamento. Il Servizio per la Prevenzione del suicidio del Sant’Andrea effettua un migliaio di visite l’anno, e un altro migliaio sono le chiamate alla linea d’ascolto. “Spesso semplici domande come ‘dove senti dolore’ o ‘come posso aiutarti’ risultano vincenti- conclude Pompili- Il nostro lavoro è offrire una mano a persone in crisi che vivono nella sofferenza, che pensano al suicidio o hanno tentato di suicidarsi”. Ag. Dire di Alessandro Melia, giornalista

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