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13/07/2018

Istat: il 14% dei giovani fra i 18 e i 24 anni abbandona gli studi

Nel 2017 la quota di 18-24enni che hanno abbandonato precocemente gli studi si stima pari al 14%; per la prima volta dal 2008 il dato non ha registrato un miglioramento rispetto all'anno precedente. Lo rileva l'Istat nel Report sui livelli di istruzione, in cui aggiunge che le differenze territoriali negli abbandoni scolastici precoci sono molto forti - 18,5% nel Mezzogiorno, 10,7% nel Centro, 11,3% nel Nord - e non accennano a ridursi. L'Italia - si legge nelle sintesi duffuse dall'Ansa - mostra comunque notevoli progressi sul fronte degli abbandoni scolastici. La quota di 18-24enni che posseggono al più un titolo secondario inferiore fuori dal sistema di istruzione e formazione è in sensibile calo negli anni - certifica l'Istat - passando dal 19,6% del 2008 al 13,8% del 2016. Nel 2017, la quota si attesta al 14% (580 mila giovani) e, per la prima volta dal 2008, non registra un ulteriore miglioramento. Questo indicatore fa parte della Strategia Europa 2020 sull'istruzione che fissa al 10% l'obiettivo per l'Europa. In media Ue il raggiungimento dell'obiettivo è vicino, lo stesso accade - tra i più grandi paesi europei - per il Regno Unito, mentre la Germania l'ha già praticamente raggiunto e la Francia lo ha superato da diversi anni. In Italia, il differenziale rispetto al valore medio Ue si è ridotto dal 2009, ma è ancora pari a -3,4 punti nel 2017 (-4,9 punti nel 2008). In Italia, se nel Centro-Nord il mancato proseguimento degli studi si accompagna a un numero più consistente di giovani occupati, pur con basso livello di istruzione, nelle regioni meridionali gli occupati usciti precocemente dagli studi sono una minoranza. Ciononostante, i vantaggi in termini occupazionali nel conseguire almeno un diploma di scuola superiore sono forti; l'abbandono scolastico si dimostra dunque un ostacolo seriamente penalizzante. Da una recente indagine dell'Istat emerge infine che le principali ragioni per cui i giovani, dopo la licenza media, decidono di non proseguire gli studi oppure di abbandonare il percorso di studi superiori intrapresi, non sono solo la volontà di lavorare ma anche la difficoltà e/o la mancanza di interesse negli studi e, per i giovani stranieri, anche ragioni familiari, da intendersi in senso lato, ovvero sia come impegni-responsabilità nei confronti della famiglia, sia come mancato sostegno o incoraggiamento familiare. Nel 2017, in Italia, si stima che il 60,9% della popolazione di 25-64 anni abbia almeno un titolo di studio secondario superiore; valore distante da quello medio europeo (77,5%). Sulla differenza pesa in particolare la bassa quota di titoli terziari: 18,7% in Italia e 31,4% nella media Ue. L'Istat certifica inoltre che da l2008 allo scorso anno la quota di popolazione con almeno il diploma secondario superiore è in deciso aumento. Più contenuta, rispetto alla media europea, è invece la crescita della quota di popolazione con un titolo terziario (ovvero università, Afam e altri titoli post-laurea o post-AFAM). Il livello di istruzione delle donne risulta più elevato di quello maschile: il 63% ha almeno un titolo secondario superiore (contro 58,8% degli uomini) e il 21,5% ha conseguito un titolo di studio terziario (contro 15,8% degli uomini). Inoltre, i livelli di istruzione femminili stanno aumentando più velocemente di quelli maschili. La quota di 30-34enni in possesso di titolo di studio terziario (laurea, Afam e post laurea) è pari al 26,9% (39,9% la media Ue) nel 2017. Il Report Istat sui livelli di istruzione certifica che , nonostante un aumento dal 2008 al 2017 di 7,7 punti, l'Italia è la penultima tra i paesi dell'Unione e non è riuscita a ridurre il divario con l'Europa. La quota di 30-34enni laureati, già bassa nel Nord e nel Centro (30% e 29,9%), nel Mezzogiorno si riduce al 21,6%, con un divario territoriale in aumento. Periodico delle Regioni

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