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30/09/2014

90/90/90: la formula per fermare l'Hiv

Un altro importante documento presentato alla conferenza di Melbourne anche se non in forma definitiva ma solo come bozza sulla quale raccogliere osservazioni, è quello dell'UNAIDS intitolato "Obiettivi di trattamento ambiziosi: scrivere il capitolo finale dell'epidemia di Aids".

La formula per fermare l'Hiv

Nel documento vengono proposti degli obiettivi che il mondo dovrebbe porsi per fermare la diffusione del virus e che possono essere sintetizzati nella formula 90/90/90: entro il 2020 il 90% di tutte le persone che vivono con l'Hiv dovrebbero essere a conoscenza del proprio status; il 90% di questo dovrebbero seguire una terapia antiretrovirale; e il 90% di questi dovrebbe essere virologicamente soppresso. In questo modo, nel 2020 il 72,9% di tutti coloro che nel mondo vivono con l'Hiv avrebbero una carica virale non rilevabile. Ecco che, nel giro di altri 10 anni, cioè nel 2030, sarebbe possibile fermare l'Hiv come malattia epidemica.

Obiettivi ambiziosi

Quanto queste cifre risultino ambiziose risulta a prima vista: ad oggi, solo il 37% delle persone con Hiv nel mondo riceve terapia antiretrovirale, una percentuale che scende al 21% in alcune aree come l'Europa orientale. Tuttavia gli obiettivi precedenti, come quello del "15 nel 15" (15 milioni di persone in trattamento entro il 2015) non centrano i molti risultati a cascata che sono necessari per raggiungere un obiettivo reale. Tra l'altro, stando alle cifre riferite a Melbourne, è molto probabile che il "15 nel 15" venga raggiunto: ad oggi sono oltre 13 milioni le persone in terapia ARV nel globo.

Know your status

Ma se il nuovo "90/90/90" sembra arduo a livello globale, ci sono alcune zone del pianeta in cui potrebbe essere a portata di mano: in alcuni paesi africani, come l'Etiopia e il Malawi, già oltre due terzi degli adulti hanno fatto un test Hiv almeno una volta, mentre in Rwanda questa quota sale all'80%. Nell'America Latina circa il 70% delle persone con Hiv conosce il proprio status, anche se questo dato varia sensibilmente dalla Colombia (43%) al Brasile (80%) o Cuba (90%). L'America Latina ha ottime performance anche per il mantenimento in terapia, dal momento che si stima che l'80% di coloro che ha iniziato un trattamento antiretrovirale lo segue ancora dopo due anni. Ma non mancano le eccezioni, come le Bahamas o il Belize, dove metà di chi comincia la terapia la abbandona entro un anno: esempi utili per capire come migliorare, secondo gli esperti di UNAIDS.

Obiettivo undetectable

Anche l'obiettivo della soppressione virale mostra risultati diversi in vari paesi: in Rwanda l'83% delle persone in trattamento sono "undetectable" mentre in Zambia pare non si raggiunga il 45%. Anche in Brasile e Messico la soppressione virale è un obiettivo raggiunto per l'80% delle persone in terapia ma Venezuela e Cuba, invece, nonostante gli alti tassi di mantenimento in cura non riescono a superare quota 50%. Ciò dimostra che un approccio legato alla "cascata del trattamento" può manifestare le debolezze di un sistema che ha punti di forza in altre situazioni. C'è da considerare anche che in alcune zone, come l'Africa Sub-Sahariana, la stessa misurazione della viremia plasmatica rappresenta una sfida non ancora vinta. La tecnologia disponibile per questo esame è ancora troppo cara per molti paesi e anche l'UNAIDS ammette che probabilmente non si riuscirà ad avere abbastanza test per la carica virale entro il 2020. Un'altra sfida è rappresentata dai bambini che ricevono il trattamento meno spesso degli adulti: inoltre solo 10 dei 29 farmaci antiretrovirali attualmente disponibili sono approvati per uso pediatrico.

Senza dimenticare i diritti umani

L'approccio basato sull'obiettivo 90/90/90 ha anche difficoltà legate al rispetto dei diritti umani e alla trasparenza: non sappiamo quanto siano lontani da questi obiettivi paesi come la Russia o quelli dell'Asia centrale o del Medio Oriente e bisogna tener conto che ci sono anche paesi ricchi che non riescono a raggiungere le key populations.

(articolo di Giulio Maria Corbelli per ANLAIDS)