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06/09/2018

Venezuela, A fine anno inflazione a 1 milione%.

Intervista a Janeth Marquez, direttrice di Caritas Venezuela: l'87% delle famiglie venezuelane sono povere. La malnutrizione acuta nei bambini quest'anno è però scesa dal 16,2% al 12,2%, grazie ai bonus governativi pre-elettorali e alle rimesse degli immigrati: sono oltre 4 milioni le persone che vivono fuori dal Venezuela, oltre 2 milioni sono fuggiti negli ultimi due anni. Ma gli ultimi arrivati nei Paesi limitrofi incontrano restrizioni e una crescente xenofobia. In Venezuela l’iperinflazione entro fine anno rischia di raggiungere la cifra impensabile di 1.000.000%. Se nel 2014 una persona con il suo salario minimo poteva comprare 4 cartoni di uova, nel 2018 non può permettersi nemmeno 1 cartone di uova. Il Venezuela “sta attraversando la peggiore crisi della sua storia recente: povertà estrema, aumento della violenza e dell’insicurezza, significativo deterioramento della qualità della vita (condizioni di salute sempre più precarie e insicurezza alimentare), precariato lavorativo, peggioramento della qualità del sistema educativo, crollo della fornitura di servizi di base e violazione dei diritti fondamentali della popolazione”. L’87% delle famiglie sono povere, il 90% dei trasporti paralizzati, l’acqua è fornita meno di 3 giorni a settimana. Ci sono stati 175.000 casi di malaria a Edo, Bolivar, nel solo aprile 2018 e 78 casi di tubercolosi ogni 100mila abitanti a Caracas nel 2017. È il nuovo allarme di Caritas Venezuela, unica istituzione che diffonde stime sulla crisi umanitaria in corso, riprese anche dalle agenzie internazionali, visto che il governo di Nicolas Maduro non rende noti i dati ufficiali. Ne parla al Sir da Caracas Janeth Marquez, direttrice di Caritas Venezuela. Il nostro Paese è colpito da iperinflazione dal novembre 2017, quando la variazione mensile dei prezzi superava il 50%. Nel 2017 l’inflazione è stata del 2.616%. Annualizzata – da giugno 2017 a giugno 2018 – è del 46.305%. Nel solo mese di giugno 2018 è stata del 128,4% e il tasso di inflazione giornaliero si è attestato intorno al 2,8% (giugno 2018), secondo cifre fornite dall’Assemblea nazionale.L’iperinflazione è un fenomeno altamente distruttivo che ha effetti concreti nella vita dei venezuelani: polverizza gli stipendi, i risparmi. I più colpiti sono i poveri, perché il tasso maggiore di inflazione è nell’industria alimentare e si sa che la popolazione più povera spende il 100% dei suoi soldi per l’acquisto di cibo. Per cui l’inflazione è la tassa dei più poveri, che non possono investire i loro soldi in attività ricreative, attività che riacquistano un valore. Nel 2014 una persona con il suo salario minimo poteva comprare 4 cartoni di uova. Nel 2016 poteva comprare 3 cartoni di uova. Nel 2018 non può permettersi nemmeno un cartone di uova. Per la grave situazione di crisi il numero di venezuelani che emigrano è sempre più in crescita ma alcuni Paesi limitrofi iniziano a porre restrizioni. La crisi umanitaria in Venezuela ha innescato un intenso processo migratorio. La situazione dei migranti venezuelani è molto precaria, perché nella seconda metà del 2017 sono arrivati nei Paesi limitrofi persone altamente vulnerabili: il 70% migrano per motivi economici. Questa migrazione forzata sta avendo conseguenze a livello regionale. Nell’agosto 2018 Perù e Brasile hanno dichiarato l’emergenza sanitaria e umanitaria ai confini con il Venezuela, a causa dell’elevata pressione demografica dei migranti venezuelani. In Ecuador, Perù e Cile sono iniziate restrizioni all’ingresso dei venezuelani, esigono visti e passaporti. L’Unhcr America riconosce che la migrazione venezuelana è il più grande movimento migratorio nella storia recente del continente e stima oltre 2 milioni di persone che hanno lasciato il Venezuela negli ultimi 3 anni. Considerando le precedenti fasi migratorie sono stimati circa 4 milioni di venezuelani emigrati in Colombia, Brasile, Trinidad, Ecuador, Perù, Argentina, Cile e Uruguay. L’accoglienza dei venezuelani è oggi compromessa dalla quantità esorbitante di migranti, dalle condizioni di povertà e vulnerabilità estrema in cui si trovano quando arrivano nei Paesi di accoglienza e dalle tante malattie che esportano. Ci vedono come intrusi e rispondono con la xenofobia. La popolazione venezuelana che arriva oggi nei Paesi del Sud America è in situazione di alta vulnerabilità: molti hanno esaurito i mezzi di sostentamento, sono malnutriti e con malattie infettive. In queste condizioni, devono affrontare condizioni difficili di arrivo e integrazione nei Paesi di destinazione, comprese le difficoltà di accesso al lavoro e di regolarizzazione del loro status migratorio. Questa situazione di irregolarità espone maggiormente uomini, donne e bambini a sfruttamento lavorativo, estorsioni, discriminazioni e minacce. Le risposte dei Paesi della regione sono frammentate e non coordinate a livello bilaterale o multilaterale, nonostante il fatto che molti Paesi siano sia destinatari di migranti venezuelani sia territori di transito. È preoccupante osservare come la maggior parte di questi Stati abbia attuato risposte di regolarizzazione poco effettive e inefficaci rispetto alle esigenze di protezione internazionale. Nemmeno i meccanismi di assistenza umanitaria dispiegati danno risposte adeguate in termini di tempo e risorse. L’accesso alle procedure per la determinazione dello status di rifugiato è ancora limitato. Il governo venezuelano, limitando l’accesso della popolazione ai passaporti, non ha fornito ai propri cittadini le garanzie necessarie per esercitare il diritto alla mobilità in modo sicuro. La migrazione forzata del popolo venezuelano richiede risposte statali inquadrate nei requisiti di protezione internazionale, garantendo a queste persone il riconoscimento dello status di rifugiato attraverso procedure giuste ed efficienti che garantiscano il diritto a ricevere assistenza e lavorare per sostenersi. Il Venezuela sta attraversando la peggiore crisi della sua storia recente: povertà estrema, aumento della violenza e dell’insicurezza, significativo deterioramento della qualità della vita (condizioni di salute sempre più precarie e insicurezza alimentare), precariato lavorativo, peggioramento della qualità del sistema educativo, crollo della fornitura di servizi di base e, in generale, violazione dei diritti fondamentali della popolazione. La Caritas ha potuto constatare nelle parrocchie più povere del Paese gravi bisogni umanitari, sostenuti in maniera sproporzionata dai gruppi più vulnerabili. Non esistono dati ufficiali sulla povertà. Noi continuiamo a condividere i dati riferiti al 2017, con l’87% delle famiglie venezuelane in condizioni di povertà Quali nuove iniziative di solidarietà avete messo in campo come Caritas, oltre alle “Ollas solidarias” (Pentole solidali) che distribuiscono pasti nelle parrocchie? Esistono molteplici iniziative di solidarietà: ci sono anche banchi farmaceutici, giornate dedicate alla salute, mense, distribuzione di cibo per bambini malnutriti, giornate sportive, corsi di artigianato, eccetera. La situazione dei bambini indigeni venezuelani arrivati in Brasile è particolarmente grave, di estrema vulnerabilità: non vanno a scuola e vivono in alloggi di fortuna, sono vittime di sfruttamento del lavoro minorile. I bambini non indigeni non hanno ostacoli formali all’accesso al sistema educativo, ma si scontrano con casi di bullismo, specialmente contro le ragazze, violenza psicologica e xenofobia. Moltissimi bambini sono stati lasciati in Venezuela: i genitori sono emigrati in cerca di migliori condizioni di vita. Nell’ottobre del 2016 Caritas Venezuela ha iniziato un monitoraggio della malnutrizione infantile per individuare i bambini che hanno bisogno di assistenza medica e nutrizionale. Nelle parrocchie più povere dove lavoriamo la malnutrizione acuta globale è raddoppiata in un anno, passando dall’8,2% dell’ottobre 2016 al 16,2% nel dicembre 2017. Quest’anno c’è stato un calo della tendenza fino al 12,2%, dovuta a continui bonus del governo in vista dei processi elettorali, alle rimesse degli emigrati che ora cominciano ad arrivare alle famiglie rimaste in Venezuela e alla cooperazione fraterna. Nell’agosto 2017 il 63% delle famiglie ha cercato fonti alimentari insolite e degradanti, ad esempio cercando il cibo nei cassonetti; il 73% ha visto deteriorarsi il proprio benessere nutrizionale e mangia solo una volta al giorno, ricorre a cibo non sicuro o non mangia affatto (di solito le donne) per dare cibo ad altri familiari. Patrizia CaiffaPatrizia Caiffa Agensir