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22/06/2017

Cosa sappiamo della salute disuguale in Italia?

Le disuguaglianze di salute in Italia ci sono ma sono meno marcate rispetto ad altri paesi europei con condizioni sociali ed economiche simili alle nostre come per esempio la Francia e l’Austria. Merito della sanità pubblica e della dieta. Questi dati nascondono però differenze tra le regioni del Nord e del Centro e quelle del Sud Italia, dove si muore prima e dove la rinuncia alle cure, soprattutto quelle non coperte dal Servizio Sanitario Nazionale, come le cure dentali è maggiore ed in aumento negli anni della crisi. Negli anni 2010 un uomo con la laurea può contare di vivere 5,2 anni in più di chi ha conseguito al più la licenza elementare. Per le donne il vantaggio nell'aspettativa di vita alla nascita si dimezza a 2,7 anni. Nelle regioni del Sud e delle Isole si muore di più perché sono più numerose le persone di bassa posizione sociale che sono a maggior rischio. Ma anche a parità di titolo di studio, chi vive in alcune regioni del Sud muore prima sia che abbia una laurea sia che non ce l’abbia. Il titolo di studio è l’indicatore più facilmente misurabile di stato sociale a livello nazionale, ma quando è possibile misurare le carriere di vita si osserva che è lo status sociale che influenza di più la mortalità prematura. Primo fra tutti l’avere un lavoro, poi la disponibilità di una rete famigliare, poi le credenziali educative, e infine, le risorse materiali come la casa. Sono anche importanti le circostanze materiali e relazionali dei primi anni dell’infanzia che influiscono sulle chance nella vita adulta, sia sul piano sociale, sia su quello di salute. La crisi economica È forte la preoccupazione che le disuguaglianze di salute possano aggravarsi a causa della recessione (soprattutto per effetto della maggiore incertezza nel reddito e per l’aumento della disoccupazione), e che non possano essere adeguatamente contrastate dallo stato sociale e dalla sanità per via delle conseguenti misure di austerità nella spesa pubblica. È troppo presto per riscontrare un eventuale effetto sulla morbosità e sulla mortalità. I problemi maggiori sono legati alla salute mentale che colpisce soprattutto gli uomini adulti a causa probabilmente della perdita del lavoro. Le malattie più disuguali La graduatoria delle malattie più disuguali, che sono cioè causa di eccessi di morte tra le persone di bassa istruzione, evidenzia quanto siano importanti le malattie correlate ai comportamenti insalubri più frequenti, alle peggiori condizioni lavorative, alla maggiore esposizione allo stress cronico, a più rischi ambientali, minore capacità di usare le cure che servono e a maggiore vulnerabilità alle conseguenze sociali dell’esperienza di malattia. Gli stili di vita A parità di età, su cento persone laureate solo 14,3 fumano, mentre su cento persone con la scuola dell’obbligo ben 28,7 consumano tabacco. Analogamente solo il 3% dei laureati sono obesi contro il 9,4% dei meno istruiti, e il 46,3% dei laureati sono sedentari contro il 67,4% di chi è in possesso della scuola dell’obbligo. Così pure su cento lavoratori non manuali solo 28 sono esposti a stress cronico mentre tra i lavoratori manuali sono 42. Idem con i rischi ambientali (le persone più deprivate hanno una probabilità doppia di risiedere vicino ad una discarica). La crisi non ha aggravato queste differenze, anzi, probabilmente anche grazie alla minore sostenibilità della spesa per consumi voluttuari, sono diminuiti i forti fumatori uomini (-3,9%), l’abuso di alcol (-19,3% tra gli uomini e -19,5% tra le donne) e il consumo eccessivo di carni, e specialmente di quelle rosse, (-2,4% e -8,6%), in tutte le categorie sociali. Purtroppo la diminuzione nell'esposizione a questi fattori di rischio, tranne che per il consumo alcolico, è stata più forte nelle categorie più avvantaggiate, con un conseguente aumento delle relative disuguaglianze. L’accesso alle cure La preoccupazione che le misure di austerità nella spesa pubblica compresa la spesa sanitaria avessero ricadute negative sulla tutela della salute e sulle disuguaglianze di salute sembra eccessiva. Il ricorso al medico generale, al ricovero, ai farmaci prescrivibili è rimasto invariato o è aumentato, soprattutto a vantaggio delle persone di bassa posizione sociale che hanno più bisogni di salute. Solo il ricorso allo specialista e agli esami è più frequente tra le persone di più alta posizione sociale, nonostante siano più sane, questo perché una parte significativa di visite ed esami si effettua a pagamento. La rinuncia alle cure A valle di tutti questi ostacoli il rischio è che le persone, soprattutto quelle meno abbienti, rinuncino alle cure a causa della spesa per gli interventi non prescrivibili o per il ticket su quelli prescrivibili, oltre che per le liste di attesa. In effetti sette italiani su cento hanno dovuto rinunciare ad una prestazione sanitaria, in buona parte a causa della spesa da sostenere; nonostante la crisi, tale quota non è cambiata negli ultimi dieci anni . La media italiana nasconde però il fatto che la rinuncia alle prestazioni sanitarie è diminuita negli ultimi anni al livello dei nostri pari europei nelle regioni italiane del Centro Nord ed è nettamente aumentata in quelle del Sud, un aumento che dal 2013 interessa maggiormente i più poveri . In conclusione si può affermare che, nonostante le misure di austerità, l’uso dei livelli di assistenza in Italia è a vantaggio di tutti ma soprattutto di chi ha più problemi di salute, soprattutto i più poveri. L’accesso alle cure appropriate è assicurato senza barriere grazie alle esenzioni. Il principale ostacolo all'equità rimangono le liste di attesa e la rinuncia alle cure, come ad esempio quelle dentali, non prescrivibili dal servizio sanitario nazionale, che sono attualmente sostenibili solo con la spesa privata. Luisella Gilardi, DoRS

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